Marcello Mantovani (1920-2009)

Marcello Mantovani, soldato e generale delle mille imprese di pace, ufficiale e gentiluomo, che più ha rappresentato la divisa della “regina delle battaglie”, se ne è andato a 88 anni, il 19 febbraio del 2009, nella sua abitazione a Vicenza circondato dai suoi cari.

Marcello Mantovani è stato un grande vicentino e un grande italiano, che dell’amore autentico verso la sua Terra e dello spirito di carità verso i più fragili, i più indifesi, i più umili aveva fatto una missione mai dimenticata, uno stile morale espresso anche nelle ultime volontà: la camera ardente nel Coro delle Monache di S. Chiara, in un istituto che è stato la sua vita, fra le voci lontane dei tanti orfanelli che aiutò a crescere assieme a un prete-santo come don Agostino; il tricolore sulla bara vegliata dai suoi fanti; i funerali nella sua chiesa di S. Caterina. Mantovani era nato a Vicenza il 24 giugno del 1920.

A vent’anni era già con l’uniforme della fanteria sul fronte croato di Otocac e di Korenica nell’ex Jugoslavia con le cravatte rosse del primo reggimento di fanteria “Re”, quello del motto “omen nomen”, pronto ad offrirsi volontario per tutte le missioni più rischiose. A 25 anni, finita la guerra, era di nuovo in trincea per la ricostruzione.

Nel novembre del 1945 fondava la sezione vicentina del Fante, estendendo negli anni successivi l’attività a tutta la provincia con decine di sezioni.

Nel ’49 Mantovani è il primo presidente della Federazione provinciale del Fante, carica che ricoprirà ininterrottamente per 57 anni, quindi assume l’incarico di ispettore regionale, nel ’71 è vicepresidente nazionale e nel ’74 giunge al vertice. Per acclamazione viene eletto presidente dell’Associazione nazionale. Alla guida dei fanti italiani resta fino al ’92. Con lui iniziano i raduni nazionali, i pellegrinaggi ai sacrari, a Bari, a Redipuglia, i fanti sfilano dinanzi a presidenti della Repubblica, a ministri. Ma l’impegno di Mantovani spazia anche in altri campi. Opera per le associazioni combattentistiche d’arma, riorganizzando l’associazione provinciale, facendo nascere la sezione cittadina. Grande impegno anche nel sociale.

Fra l’altro è presidente della commissione per il collocamento al lavoro degli ex internati e reduci di guerra, dell’Istituto S.Chiara, della Pro Senectute, vicepresidente dell’Istituto Salvi, dirigente dell’Enal.

Ama molto pure lo sport. E’ presidente e dirigente di varie società fra cui il Vicenza rugby.

Il calcio è uno dei suoi amori, e il Vicenza la sua passione. Segue la squadra del cuore per 32 anni, dal ’48 all’80, ne è vicepresidente per 12 anni, con la leggendaria sciarpa bianca “con cui vincevamo sempre”, fino alla caduta dei biancorossi in B con Paolo Rossi e Cerilli. Il suo amor patrio era una scossa che partiva dal cuore.

Fu lui il primo italiano, l’8 luglio del 1951, a portare il tricolore dinanzi al castello di San Giusto, quando Trieste era ancora in mano agli alleati. Con i suoi fanti, che gli sono stati fedeli fino all’ultimo giorno, conquistò tante vittorie di civiltà, fra cui il suo fiore all’occhiello, quel cimitero degli abeti mozzi di Valmagnaboschi che aveva recuperato dall’incuria per creare, dove tanti sconosciuti eroi avevano fermato la Strafexpedition, una Zona Sacra di pellegrinaggio.

Per i suoi “meriti patriottici, sociali e sportivi”, il 24 giugno 2002, nel giorno del suo 82° compleanno, l’allora sindaco di Vicenza Enrico Hullweck gli consegnò la medaglia d’oro della città. Fra gli altri riconoscimenti di questa sua lunga vicenda di “avventuriero del bene”, anche l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce e la cittadinanza onoraria di 10 Comuni.

Ha lasciato alla Biblioteca Bertoliana i suoi cimeli, i documenti e le immagini che ripercorrono le vicende dei fanti in ambito provinciale e nazionale, ma in cui rivive anche una storia personale e comunitaria vissuta accanto a una bandiera sempre issata verso l’alto anche in tempi in cui era difficile parlare di patria.

 

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